Respirare

Durante i percorsi di mindfulness viene insegnata una forma specifica di meditazione che aiuta a stabilizzare la coscienza nel presente. Si prende come oggetto di meditazione il flusso del respiro, ovvero un’esperienza che muta incessantemente e ci accompagna da sempre. sempre simile, eppure sempre un po’ diversa. Ogni inspirazione è diversa da quella che precede e da quella che segue; ogni espirazione ha la sua durata, la sua intensità, il suo gusto. Non possiamo ricordare i respiri di ieri o programmare quelli di domani. Possiamo, però, stare ancorati alle sensazioni fisiche che vengono da questo respiro. L’attenzione viene rivolta a ogni atto respiratorio – inspirazione ed espirazione – raccogliendo le sensazioni che questi atti,  consapevolmente seguiti ad uno ad uno, generano.

La meditazione sul respiro è una modalità di esercizio costante e sostenuto dell’attenzione, che viene rivolta al respiro così come è, senza far nulla per modificarne il ritmo, l’ampiezza, o la profondità.

Come nel body scan, anche in questo caso la principale difficoltà che si incontra è la distraibilità, ovvero la motilità continua della mente, che viene invasa da pensieri e giudizi. L’obiettivo della pratica è quello di restare in contatto con il respiro, pur accorgendosi dei pensieri che sorgono.

Nel momento in cui si diventa consapevoli di essere altrove con il pensiero, si assume un atteggiamento di accettazione, senza repressioni e senza giudizi, e si riporta, con fermezza gentile, l’attenzione al respiro. Impariamo, progressivamente, a riconoscere che la mente è a volte distratta, e la ancoriamo al respiro per tornare al presente, osservando pensieri ed emozioni senza essere assorbiti dai loro contenuti. Pensieri che sorgono con maggiore frequenza sono rappresentati da: ricordi, oppure pianificazioni, progetti, speranze, paragoni, giudizi, analisi, valutazioni su ciò che si sta facendo. Se ci concentriamo sui personaggi che animano i nostri pensieri, noteremo, ancora una volta nell’ambito della pratica di mindfulness, che quasi sempre essi riguardano, oltre a noi, altre persone, che conosciamo – direttamente o indirettamente.La mente si proietta entro scenari in cui parliamo con qualcuno, ci preoccupiamo per qualcosa che abbiamo detto e che temiamo abbia danneggiato una relazione, ci interroghiamo sul desiderio che abbiamo, o abbiamo perduto, di stare in coppia, oppure ripensiamo ai nostri genitori, al loro atteggiamento verso di noi, magari siamo gioiosi, oppure arrabbiati e pieni di recriminazioni.

L’altro è così importante che a volte ingombra la nostra mente anche se non lo conosciamo direttamente: pensiamo a qualcuno che è per noi un modello positivo, magari un eroe cinematografico, storico, un artista; oppure possiamo disprezzare e detestare un personaggio pubblico per le sue opinioni e per il potere che ha di influenzare le nostre vite.

La densa presenza di pensieri, inconsapevoli o consapevoli che siano, è la prima caratteristica della nostra attività mentale. Nel momento in cui la mente si accorge che le cose – o le persone – sono diverse da come vorrebbe fossero, essa registra una discrepanza fastidiosa,  che innesca valutazioni e analisi, nonché progetti e piani d’azione che coinvolgono noi e le persone che ci sono accanto. C’è spesso una certa distanza tra la presa di coscienza di come le cose stanno in realtà e l’idea di come si desidera che le cose stiano o, soprattutto, di come dovrebbero essere.
La discrepanza stimola automaticamente una forma di irritazione, un sentimento negativo che attiva schemi mentali che dovrebbero risultare utili per progettare come ridurre il divario tra lo stato reale e lo stato desiderato. Forse c’è la possibilità di intraprendere una azione per ridurre questa discrepanza. Quando siamo immersi in valutazioni e ragionamenti orientati a trovare soluzioni, possiamo dire che è in noi attiva la “modalità del fare”. Se troviamo un comportamento che ci porta fuori dai problemi con un’azione di successo, la mente ha la possibilità di uscire dalla “modalità del fare” per acquietarsi. Altrimenti, se non riusciamo a individuare alcuna azione che possa essere intrapresa utilmente in quel momento, la discrepanza rimane e la mente continua ad riproporre ed elaborare l’informazione disponibile, presentando possibili soluzioni, sino a quando la discrepanza sarà ridotta o fino a quando sarà distolta da un “compito più urgente”, lasciando spazio alla possibilità che la discrepanza torni nel momento in cui il “compito urgente” sarà passato in secondo piano.

La “modalità del fare” è un modo di lavorare della mente concettuale, che possiede, in sintesi, le seguenti caratteristiche:

  • attenzione rivolta verso il futuro, perché sia come lo si desidera, oppure verso il passato, rimuginando su eventuali errori commessi e occasioni perdute;
  • mancanza di accettazione della realtà, oscurata dal paragone tra ciò che, in una determinata circostanza, si “vorrebbe” ottenere, rispetto a ciò che in effetti sta accadendo;
  • attitudine giudicante, rigida, con evitamento di pensieri o sentimenti che ci possono mettere in crisi verso noi stessi;
  • focalizzazione su comemigliorare le cose, perseguire un determinato obiettivo o risolvere uno specifico problema;
  • concentrazione su concetti e pensieri “sull’esperienza” piuttosto che contatto diretto “con l’esperienza” che si sta vivendo in quel momento (“pensare” piuttosto che “vivere” l’esperienza);

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