La storia delle scoperte scientifiche è spesso narrata come frutto di serendipità, ovvero come un’intuizione fortunata che ci fa scoprire qualcosa di importante mentre eravamo af
faccendati in altro
di Francesca De Luca
Si pensi a quello che è capitato allo scienziato austriaco Hans Selye ovvero colui che ha “scoperto” il concetto di stress.
Ma andò esattamente in questo modo?
D’altra parte è decisamente più affascinante credere che l’intuizione del legame tra stres
s e malattia sia avvenuta per un’osservazione tanto fortuita quanto geniale su alcuni topi coinvolti in un esperimento, piuttosto che come risultato del duro lavoro su una serie di osservazioni e risultati già presenti nella letteratura scientifica che lo scienziato austriaco ha avuto il merito di collegare e approfondire.
Ma cosa successe in realtà?
Nel 1946 Selye pubblicò un articolo dove espose in modo sistematico sia i risultati empirici, sia le conclusioni teoriche che aveva tratto dalle sue ricerche sulla risposta fisiologica dell’organismo alle condizioni avverse. Lo scienziato si accorse che la risposta non dipendeva dalla natura degli stimoli nocivi e la chiamò Sindrome Generale di Adattamento (General Adaptation Syndrome o GAS). Si trattava sì di una scoperta fortuita ma in realtà Seyle aveva già usato il termine “stress” già molti anni prima, anche quando era ancora uno studente di medicina.
Quindi che cos’è lo stress o la Sindrome Generale di Adattamento?
Questa risposta aspecifica è caratterizzata da tre stadi:
- Fase di allarme
Durante questa fase assai breve (detta anche di shock) in cui l’organismo viene colpito da uno stimolo avverso, il corpo va incontro a diversi cambiamenti e la resistenza allo stress decade momentaneamente sotto i livelli normali. A questa segue la fase dell’antishock, nella quale l’organismo si riorganizza per rispondere allo stressor, cioè lo stimolo nocivo. Il sistema nervoso autonomo si attiva (in particolare il sistema simpatico), vengono prodotte in quantità sostanze ed ormoni come il cortisolo e l’adrenalina: si innesca la reazione di attacco-fuga. Il tono muscolare aumenta, la pressione sanguigna sale.
- Fase di resistenza
In questa fase, salgono i livelli dei cosiddetti “ormoni dello stress” (i glucocorticoidi), che possono aumentare la concentrazione di zuccheri, grassi e aminoacidi nel sangue – tutte sostanze utili per produrre energia e riparare danni. Il livello di cortisolo continua ad aumentare. Se l’evento stressante non accenna a passare, diventa necessario iniziare a gestire lo stress.
- Fase di esaurimento o recupero
A seconda che la situazione nociva cessi o permanga, avremo due possibili esiti. 1) Il recupero: lo stimolo è finito o è stato gestito efficacemente producendo un nuovo equilibrio dell’organismo. Oppure 2) Esaurimento: le risorse sono completamente consumate e l’organismo non è più in grado di funzionare adeguatamente. Si generano danni gravi dovuti alla vasocostrizione prolungata, come ischemie, necrosi cellulare, esaurimento del sistema immunitario e conseguente immunodepressione (compaiono infezioni da virus, funghi e batteri); l’esito finale di tutto questo può arrivare addirittura alla morte.