Stanchi per l’arrivo della primavera e in ansia per la coda della pandemia? Trovate il tempo per voi e i vostri figli.
Tutti gli anni, la stessa cosa: arriva la primavera e ci porta stanchezza e nervosismo. Anche il passaggio all’ora legale altera il nostro equilibrio. Adesso a questo si aggiungono le preoccupazioni per la guerra e i due lunghi anni di pandemia, un biennio nero che ha fatto impennare i disturbi psicologici a ogni età.
Ma si può rimanere sereni, nonostante tutto, e soprattutto reagire allo stress e ritrovare il benessere di corpo e mente?
“Questi due anni ci hanno fatto toccare con mano la sofferenza e l’incertezza. Dopo decenni di pensiero positivo, in cui imperava la logica del “se vuoi, puoi”, “puoi decidere tutto della tua vita”, la realtà ha bussato alla porta e ci ha spiegato che siamo vulnerabili”,
spiega Maria Beatrice Toro.
Inoltre, l’esperta di mindfulness spiega che: “Per ridurre l’impatto di questo periodo sulla nostra salute psicofisica dovremmo innanzitutto dosare le informazioni, sapere quel che succede, ma senza esagerare. Rendendosi anche conto che possiamo dominare solo alcune cose, senza pretendere di cambiare il corso degli eventi”.
Se bambini e ragazzi sono preoccupati, è importante raccontare con parole semplici quel che accade, senza esporli a valanghe di immagini. Occorre coltivare la fiducia: spiegare che ci si ammala ma si guarisce, si fa la guerra, si litiga, ma si fa la pace.
“State con loro, portateli a fare una passeggiata perché apprezzino quello che hanno: seminate e fate crescere una pianta, cucinate, fate ordine in un cassetto di fotografie, è un modo per concentrarsi e mettere ordine nelle piccole cose”, suggerisce l’esperta.
Un consiglio per tutti invece è quello di rilassare la mente attraverso il corpo.
“In casa si può fare una passeggiata mindfulness: scalzi, si avanza lentamente, concentrandosi sui piedi che toccano il suolo, per qualche minuto. O, all’aperto, si cammina volgendo l’attenzione su quel che ci circonda, cogliendone i segnali positivi negli altri, in un esercizio di quella che i buddisti chiamano “gioia compartecipe”. Si incontra una persona, si sorride, si saluta o almeno si cerca di raccogliere e portare con noi la sua energia”.