È uscito il manuale per istruttori di mindfulness

È con immenso piacere che vi presentiamo il “manuale per istruttori di mindfulness”. Auguriamo buona lettura agli amici che ci conoscono già e a quelli che ci leggono per la prima volta, con l’auspicio di poter condividere anche solo a distanza un pezzetto del nostro cammino.

Questo manuale nasce dalla esperienza pluriennale di formazione dell’Istituto di Mindfulness Interpersonale e della Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Cognitivo Interpersonale SCINT (aut. MIUR 2008). Dal 2013, infatti, oltre ai corsi quadriennali di specializzazione, sono attivi corsi ECM di mindfulness per la pratica clinica e corsi per diventare istruttori di protocolli mindfulness, aperti a tutti, con sede a Roma, Milano e Napoli.

Ciò che vi proponiamo è un percorso di lettura completo, che si articola in due aree principali. Nella prima area si presentano e si spiegano i “fondamentali” per la formazione personale dell’istruttore: dalla consapevolezza del valore di ciò che ci si propone di diventare, alle qualità da sviluppare, alla coscienza della responsabilità che il ruolo di istruttore porta con sé. La seconda area riguarda la competenza tecnica che un istruttore deve avere, con un focus sulle singole pratiche e sul modo in cui vanno collegate per strutturare il protocollo di otto settimane Mindfulness Based Stress Reduction (MBSR).

L’auspicio è di offrire al lettore italiano un manuale operativo efficace, laddove, attualmente, i testi reperibili sono perlopiù in lingua inglese. A nostro avviso, infatti, non è sempre agevole cogliere le sfumature della conduzione corretta consultando la letteratura non italiana, o testi non sufficientemente dettagliati, ed è sicuramente più immediato comprendere il senso di esempi e condivisioni di partecipanti che vivono il nostro stesso contesto socioculturale.

L’istruttore di mindfulness non è nulla più che un essere umano come tutti, che, avendo fatto un percorso intellettuale e personale nei territori della meditazione, sceglie di sostare nella consapevolezza e si innamora a tal punto di questa rivoluzione gentile da volerla trasmettere.

Essere istruttori significa, prima di ogni altra cosa (prima del piacere di condurre un gruppo, prima della crescita intellettuale che studiare la mindfulness comporta, prima di ogni possibile ricaduta professionale), aver scelto ed essersi assunti la responsabilità di fronte a se stessi, ai propri insegnanti e ai propri studenti di coltivare in modo disciplinato e costante l’innata capacità umana di consapevolezza. Non c’è condizione più importante di questa, infatti, per consentirci di trasmettere una disciplina che è, anzitutto, un’arte di vivere.

Un istruttore ben formato ha, non meno che ogni professionista, il dovere di studiare e aggiornarsi, di conoscere nel dettaglio i presupposti teorici, i principi chiave della disciplina che insegna; è necessario, altresì, conoscere gli script delle meditazioni formali, il metodo appropriato per condurre una condivisione in gruppo, avendo praticato costantemente in prima persona tutti gli esercizi previsti nei protocolli e avendo fatto esperienza di cosa sia la consapevolezza a partire dalla personale partecipazione a un MBSR.

La condizione più importante per insegnare la mindfulness è, in tale quadro, la propria stessa pratica; trasmettere la consapevolezza significa aver sperimentato qualcosa nel proprio intimo per poi condividerlo, mettendosi in gioco nel mostrare (anche “spudoratamente”) quanto la meditazione sia veramente in grado di rivoluzionare una vita.

Si tratta di mettersi in gioco e di esporsi, con ogni parola e ogni gesto, come persone, senza temere che la parte più tenera e viva di noi, la nostra verità interiore, emerga per quella che è. Nella mindfulness, infatti, lo studio e la trasmissione rigorosa della disciplina si saldano sempre con l’esempio che offriamo in prima persona. In questo senso, la mindfulness è un sapere, un saper fare e un impegno continuo che tende al saper essere.

L’istruttore invita gli altri a fare quello che lui o lei ha fatto in precedenza, nel momento in cui si è messo sulle tracce di sé attraverso il metodo e ha potuto fare esperienza di ciò che Thích Nhất Hạnh ha definito il miracolo della presenza mentale e che Kabat-Zinn ha chiamato stato di presenza originaria. Non c’è alcun dubbio: la mindfulness si può vivere solo in prima persona e, sebbene occorra l’aiuto di libri, istruttori, corsi che facilitano questa esperienza, alla fine ciò che conta veramente è meditare, meditare… meditare.

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