Essere istruttori di mindfulness

L’istruttore di mindfulness è nulla più che un essere umano come tutti che sceglie di dimorare nella consapevolezza e si innamora a tal punto di questa rivoluzione gentile da volerla trasmettere, si assume la responsabilità di invitare continuamente se stesso a non giudicare, ad essere compassionevole, attento, vigile sia mentre sta conducendo un gruppo MBSR sia nella vita quotidiana.

di Francesca De Luca

Potremmo pensare ad un istruttore come allo straniero della favola che ci ha raccontato tanto tempo fa Patrizia Collard, presenza costante all’Istituto di mindfulness interpersonale come docente invitato.

C’è una antica storia che narra di uno straniero che raggiunge una piccola comunità in cui le persone vivono in grandi difficoltà, con scarsità di cibo e risorse. Come spesso accade quando ci sono dei problemi, ognuno finisce per badare unicamente al proprio interesse, nell’intento di sopravvivere alle avversità: ci si allontana dal prossimo per rinchiudersi in se stessi e tirare avanti in qualche modo.

“Lo straniero, silenziosamente, si reca al centro di un grande spazio aperto, che un tempo era usato per riunirsi, e accende un fuoco; qualcuno si affaccia alla finestra e guarda incuriosito questo strano personaggio, ma nessuno sembra badare troppo alla sua presenza. A un certo punto, quando la fiamma è calata e si intravedono le braci, prende da un grande zaino una pentola, vi versa dell’acqua e inizia a scaldarla. Gira l’acqua con un mestolo e, ad alta voce, dichiara che cucinerà una zuppa meravigliosa, utilizzando un solo ingrediente magico, che ha l’apparenza di una pietra. I membri della comunità, sebbene diffidenti, si sporgono un po’ di più alle finestre per osservare lo straniero mentre cucina. Con espressione assorta, egli continua a girare il mestolo nella la zuppa, poi, finalmente la assaggia. Dalla sua espressione sembra che sia davvero molto gustosa! La assapora e afferma che… forse sarebbe ancora più buona se potesse aggiungere una carota. Un cittadino intraprendente, allora, mette da parte la diffidenza e sceglie di assistere lo straniero nella sua opera. Prende dalla magra dispensa una carota e la mette nel pentolone. A questo punto la zuppa è più saporita ma… “certo se ci si potesse mettere un po’ di cipolla sarebbe meraviglioso!” Una donna ne porge timidamente una al magico cuoco che, ringraziando, la aggiunge agli altri ingredienti.

In breve tempo si forma una timida fila di persone che portano ognuno un altro ingrediente: una crosta di formaggio, un cavolo, dei fagioli.

Lo straniero mescola tutto e infine toglie la pentola dal fuoco, La zuppa ora è pronta, buonissima, saporita e… ce n’è abbastanza per tutti. Ci si divide il pasto con gioia e allegria.

Con la pancia riscaldata dal cibo consumato insieme anche lo stato d’animo della comunità si modifica.  Si sente il suono dei bambini che giocano e qualche risata echeggia qua e là; c’è musica e alcuni danzano. E lo straniero è silenziosamente andato via, per portare il suo piccolo miracolo alla prossima comunità.”

L’ingrediente magico non fa accadere nulla. Semplicemente la trasformazione è innescata dalla capacità di presenza dello straniero, che possiede le risorse interiori necessarie a essere presente per tutti, in modo creativo. Come?  Convincendo la comunità a mostrare e offrire quello che già possiede e quello che già è: un insieme di esseri umani, pieni di possibilità e di desiderio di tornare a condividere, gioire insieme.  E lo straniero si prende cura, supporta e ispira gli altri.

L’istruttore di mindfulness dovrebbe assomigliare a questo personaggio immaginario. Entra nel gruppo portando se stesso, incontrando il gruppo per quello che è. Tutto quello che ha con sé lo porta non con le parole, ma con le azioni, apertamente, perché insegnare mindfulness è passare agli altri un modo di essere, laddove praticare consapevolezza non significa solo meditare ogni giorno, ma saper essere e dare ciò che si è, in ogni momento.

Questa immagine dell’istruttore come di un magico straniero è suggestiva ma ci guida lungo un’idea precisa di come prendersi cura degli altri: stimolando con compassione, creatività, sapere e gentilezza sempre coltivando una profonda fiducia nelle potenzialità insite in ogni essere umano.

E questo possiamo farlo solo rimanendo saldi in quello che siamo attraverso la pratica costante, quotidiana, con i ritiri silenziosi, meditando mentre conduciamo le pratiche nel gruppo. Guidando ma ricordandoci che siamo parte, seppur temporanea, di una comunità che pratica insieme. Scegliendo la mindfulness nella nostra vita ogni giorno perché questo può fare la differenza, come ci insegna Jon Kabat Zinn:

“L’attitudine che l’istruttore porta nella stanza…influenza assolutamente tutto nel mondo. Una volta che si stia saldi in quello che si è, che si raggiunga l’asse del proprio essere umano, l’intero universo è differente”

 

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.