Negli ultimi mesi, nonostante il permanere di alcune restrizioni, abbiamo avuto la possibilità di tornare a vivere più o meno normalmente. Tuttavia, fare cose complesse, sembra essere diventato parecchio difficile.
A volte questo è dovuto ai molti adempimenti cui siamo soggetti ma, altre volte, sembra dipendere da cause più interne: apatia, ansia, demotivazione, un certo ritiro sociale da cui fatichiamo a emergere.
Una delle maggiori cause di tutto ciò, che sta riguardando tutte le fasce di età, è il languishing: una strana condizione psicologica che non è una vera patologia, ma si colloga a metà strada tra normalità e malessere.
Non si è realmente depressi ma è presente una certa apatia, non si è affetti da un disturbo d’ansia, ma si sente un’inquietudine strisciante, non si ha un vero disturbo dell’immagine corporea ma ci si vede meno attraenti e si tende a trascurarsi un po’.
In merito Maria Beatrice Toro, Presidente dell’Istituto di Mindfulness Interpersonale, confessa al mensile Yoga Yournal di essersi interessata al tema perchè si è piuttosto riconosciuta in una situazione di minore vitalità generale, sia emozionale che cognitiva, che è incominciata in pandemia ma non si è ancora pienamente dissolta. In particolare, ricorda molto bene le prime volte in cui ha programmato un’uscita al termine del lavoro: le sembrava impossibile fare quello che aveva sempre fatto… oggi non capita in modo così evidente ma ammette di essere meno motivata a impegnare le sue energie in progetti a medio e lungo termine. Il languishing non è ancora finito!
PRATICA CONSIGLIATA
Per fortuna come esseri umani abbiamo molte risorse e, spesso, è proprio la condizione della sofferenza che ci “costringe” a risvegliarle.
Cerchiamo di costruire un cammino che porti dal languishing al suo opposto, il flourishing, la piena espressione del potenziale interno.
L’esperta di mindfulness propone di incominciare da due spunti:
- Cominciamo da una serena valutazione della nostra condizione attuale: non ci sarà una vera evoluzione senza un passaggio di accettazione. Magari siamo ancora un po’ feriti, ma cerchiamo di vedere anche in cosa siamo migliorati durante la pandemia e in cosa stiamo migliorando adesso.
Cerchiamo di vedere le cose nel loro insieme, senza negare nulla ma evitando di focalizzarci solo sul negativo.
Provate un esercizio di consapevolezza per vedere a che punto siete, magari assieme a una persona cara. Chiedetegli di domandarvi per tre volte “Di cosa hai bisogno davvero?”. Rispondente di pancia, lasciate emergere le emozioni. Poi cambiate turno e fate voi la domanda. Potete ripeterlo anche con domande simili, ad esempio: Cosa hai scoperto in questo periodo della tua vita? In cosa, oggi, ti senti cresciuto?
La toro propone, poi, un esercizio ispirato a una delle teorie più rilevanti nella psicologia contemporanea, l’ACT – Acceptance and Committent Therapy.
2. Immaginate di essere in una sala piena di gente e di notare che due persone stanno parlando proprio di voi. Stanno lodando le vostre qualità.
Immaginate: cosa vorreste che dicessero?
E’ una grande domanda, perchè ci fa capire per quali valori vogliamo essere riconosciuti, visti, presi a modello. Magri vi piacerà essere descritti come generosi, o disponibili, leali, intelligenti, brillanti, divertenti, coraggiosi, belli o… quello che volete.
Qualunque siano gli aggettivi che avete usato, potete effettuare, nella giornata in corso, un’azione che esprima quella qualità. Se è il coraggio, per esempio, fate una cosa coraggiosa. Vi farà sentire meglio, perchè, anche se stiamo un po’ languendo, siamo sempre capaci di gesti belli in cui possiamo riconoscere; in qualunque situazione, è sempre possibile esprimere azioni di valore grandi o piccole.
Questi spunti sono da considerare come un passo, un piccolo movimento di riappropriazione della vita.
Come dice Rumi, ricominciate a camminare e la strada apparirà da sè.