Spesso identifichiamo come obiettivo della mindfulness la calma mentale, piuttosto che la convivenza pacifica ed equanime con il flusso di coscienza che accompagna le nostre vite. Generare pace interiore in una mente inquieta è un’arte sottile, che possiamo coltivare meditando.
A volte durante la meditazione si ha la sensazione che i pensieri siano moltiplicati come in una casa degli specchi: non si capiscono i limiti di ciascun pensiero, quali ne siano l’inizio e la cessazione. Altre volte la mente è meno produttiva e altre ancora è tranquilla come la superficie piatta di un lago. La mente calma è un’esperienza che può essere meravigliosa. È come stare in mezzo a un vortice risiedendo nell’unico punto fermo: l’occhio del ciclone, senza preoccupazioni, idee, distrazioni, ma con l’attenzione saldamente ancorata al momento presente. Non è più come essere elefanti in un negozio di porcellane, che sbattono qui e lì, senza riuscire a fermarsi.
Il caos si immobilizza e l’esperienza assume una qualità di silenzio. Tutto appare nuovo agli occhi e, in qualche modo, si è toccati dalla vita in un luogo profondo dell’esserci…
La nostra realtà sociale precaria ci spinge, tuttavia, a muoverci veloci; come disse Emerson, sul ghiaccio sottile “l’unica strategia possibile è andare veloci”. Non dobbiamo criticarci per questo e possiamo limitarci a considerare una benedizione desiderabile anche se rara il momento in cui la mente entra nel silenzio.
Calmare la mente non è un processo totalmente controllabile, laddove l’inquietudine è uno degli ostacoli più persistenti che si incontrano praticando: per inquietudine intendo non solo la sensazione di impazienza e tensione motoria, ma anche la chiassosa fuga delle idee. Come fare, allora, quando non riusciamo a calmare la mente?
La meditazione insegna qualcosa di più e forse, oserei dire, di meglio della calma. Praticando, ci si educa a sviluppare una predisposizione imparziale verso gli oggetti mentali e la mente agitata. Possiamo scegliere di essere a nostro agio comunque. Piuttosto che cercare di forzare la mente a tacere, possiamo scegliere di “ignorarne il richiamo”.
Possiamo coltivare e perfezionare la convivenza con una mente inquieta, decidendo che quando il flusso di coscienza è tempestoso, non ci interessa, non ci coinvolge, non ci trascina. Non permettiamo al rumore mentale di distruggere il terreno della consapevolezza. Ogni volta che un pensiero si affaccia, prestiamo attenzione a questo oggetto, che è nato nella consapevolezza, e lo lasciamo andare, accettandolo, senza muoverci dalla consapevolezza. Consapevolmente, lo lasciamo dissolversi come fumo nel vento… i pensieri sono sottili, svaniscono facilmente, purchè non ci attacchiamo ad essi. Ben venga, dunque, la pace interiore anche nei giorni in cui la mente è inquieta.