Il libro Cammini di consapevolezza di Maria Beatrice Toro (Morellini editore – Yoga Journal)è in uscita in libreria dal 26 settembre: si parla di lentezza, di pellegrinaggi, di meditazione.
Per alcune persone la mindfulness seduta – specialmente all’inizio del proprio percorso come meditanti – è molto faticosa e si può avere la sensazione di non eseguirla bene, perché ci si distrae di continuo. Il giudizio negativo verso le proprie capacità è sempre in agguato e si manifesta nel praticare non meno che in tutte le altre attività della vita… Se riconosciamo che la mente è molto dispersa, meditare camminando offre più di un vantaggio: è dinamico, anti noia, impegna, fa bene, si può fare praticamente sempre. Ci si può muovere dentro una qualsiasi stanza, per quanto piccola. Si può camminare nei metri che separano la nostra automobile, o la fermata dell’autobus, dal luogo in cui ci si sta recando. Fa bene, non inquina e ci mette in una situazione ideale per creare consapevolezza.
Non è un caso se tutte e tre le religioni abramitiche iniziano proprio con un cammino. Il padre comune, Abramo, sente una chiamata da una divinità sconosciuta, che gli chiede di andarsene dal relativo benessere della sua città nella mezzaluna fertile per avventurarsi lungo sentieri ignoti, verso mete che gli avrebbe progressivamente indicato. Il patriarca coraggioso accetta la proposta e porta con sé un popolo intero sulla strada misteriosa che Dio gli ha riservato, confidando che, durante il viaggio stesso, riceverà gli strumenti che lo renderanno in grado di condurre l’impresa a buon fine.La sua scelta di camminare permetterà al trascendente, che Abramo aveva accolto nella sua vita, di risplendere nella sua vita e nella vita del suo popolo. Allo stesso modo, ogni persona che scelga di camminare consapevolmente si pone su un percorso di esplorazione, in cui abbandona simbolicamente la società con i suoi ruoli e va liberamente in cerca di una connessione con qualcosa che va oltre. Camminare è un’esperienza intenzionale di dinamismo, dislocazione, smarrimento e ritrovamento di sé,aldilà dei ruoli che limitano le nostre possibilità espressive nei contesti che abitiamo solitamente.
“L’augurio che sento di rivolgere al lettore – scrive Maria Beatrice Toro – è di poter assaggiare o approfondire ciò che stare sulla strada ogni giorno sta regalando a me: un cuore simile a quello dei pellegrini, aperto a tutto, attaccato a nulla. Un cuore che è sempre straniero e, nel contempo, sempre a casa”.
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