Mindfulness, iperattivazione difensiva e dipendenze

imagesPer proteggersi da sensazioni di vuoto, sempre più persone incorrono in stress, dipendenze, iperattivazione difensiva.

Quest’ultima, in particolare consiste nello spostare l’attenzione dal disagio all’attività, in direzione di scopi da raggiungere, che distraggano dalla percezione di essere vulnerabili in quanto sostanzialmente inadeguati. La comunicazione sociale che sostiene tali comportamenti ha avuto uno sviluppo vertiginoso nel nostro tempo post moderno, in cui la competitività sembra essere la risposta più gettonata al senso di precarietà esistenziale che riguarda un numero sempre crescente di persone, duramente messe alla prova dalla “liquidità” del vivere, in cui, mancando riferimenti condivisi, eccellere e avere successo sembrano una delle poche garanzie di benessere e felicità.

Ma, anche stavolta, il prezzo da pagare è piuttosto evidente: stress, senso di vuoto ingravescente e incolmabile, dipendenze comportamentali, comportamenti antisociali.  È utile, allora, distinguere tra un’attivazione derivante dalla spinta a esprimersi, realizzando i propri valori e un altro tipo di attivazione, che deriva dalla paura atavica dell’esclusione, che oggi si presenta soprattutto con le vesti della  marginalità e del rifiuto sociale. La spinta al successo può veramente devastare la vita di una persona, che si priva di tutto pur di affermarsi, e massacrare la capacità di condividere con gli altri un orizzonte comportamentale in cui il rispetto del più debole prenda il posto della guerra di tutti contro tutti, dove l’uomo è simile a un lupo per gli altri uomini.

Anzichè maltrattare noi stessi e gli altri, conviene provare ad assumere un atteggiamento di maggiore accettazione e compassione, che consenta di procedere lungo altri e più salutari percorsi.

Se osserviamo che in noi ci sono sfiducia e disamore per noi stessi, possiamo proporci di prendercene cura attraverso la mindfulness, assumendo un atteggiamento di semplice osservazione di noi stessi, così come siamo, e di indagine verso la sofferenza che l’incapacità di guardare con simpatia a noi stessi ci procura. 

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