Forse sono proprio le parole di questa celebre canzone di Caterina Caselli che ti hanno incuriosito a leggere questo articolo, e ne hai piena ragione a pensarle!
“Nessuno mi può giudicare” può essere, infatti, una legittima reazione alle emozioni negative che si scatenano in noi quando qualcuno ci giudica in modo esplicito (come le offese di un partner svalutante), oppure quando qualcuno ci giudica in modo più subdolo ma altrettanto insidioso (come il capo che ti ignora da un progetto oppure un gruppo di amici che non ti considera più).
Allo stesso modo, pensare che “Nessuno mi può giudicare, dietro i nostri: “basta!“, “sono logorata dal darmi sempre addosso!” apre ad un grido di frustrazione rispetto ai giudizi che continuamente esprimiamo contro noi stessi.
Eh già, talvolta i primi Giudici di noi stessi siamo noi stessi. Questo modo di pensare si chiama Autocritica, e fa male!
Eppure se volgiamo lo sguardo per un secondo alle teorie evoluzionistiche, desta curiosità comprendere che il Giudizio è davvero essenziale per la sopravvivenza della specie umana, in quanto, è proprio grazie alla capacità di discernimento che non ci siamo estinti e che possiamo scegliere cosa è giusto e cosa è sbagliato per noi.
Come se non bastasse noi esseri umani, i mammiferi più evoluti, abbiamo molte più competenze cognitive dei nostri predecessori nel valutare noi stessi e gli altri…eppure, paradossalmente, è lo stesso motivo per cui siamo esposti alla sofferenza e alla psicopatologia rispetto a loro.
Quindi a proposito di Autocritica, e del modo con cui noi ci giudichiamo, queste teorie ci rivelano due preziosi informazioni: La prima è che l’autocritica, seppur in modo maldestro e disfunzionale, è mossa dall’intenzione di proteggerci dal pericolo di sbagliare di nuovo. La seconda è che il nostro cervello sembra essere simile una Ferrari che, nella sua potenza ma anche grande complessità, corre più veloce di noi dunque guidarla è difficile, e forse…se ci fermiamo….possiamo realizzare che nessuno ci ha mai insegnato a farlo, dunque non è colpa nostra!
E allora, non responsabili delle esperienze spiacevoli del nostro passato, ma responsabili del nostro benessere nel qui e adesso….abbiamo bisogno che qualcuno ci aiuti a stare in pace e connessi a noi stessi.
Tali elementi posso essere approfonditi all’interno di Training esperienziali specifici.
Attraverso un set di pratiche specifiche che caratterizzano il Seminario di “Self Compassion e Autocritica” , proveremo a comprendere la differenza tra Autocritica ed Autocorrezione Compassionevole, pensando ad una giornata distribuita in tre slot:
1- Atterraggio in Noi stessi
Questa prima parte della giornata sarà dedicata al graduale e gentile landing dentro di Noi. Attraverso una coinvolgente e sensoriale pratica di benvenuto, proveremo a raccoglierci e fare spazio intorno a Noi stessi, per aprirci alla consapevolezza che emerge e guardare con gentilezza i nostri bisogni più profondi.
2- L’identikit della nostra Parte Autocritica
La Seconda slot della giornata sarà dedicata all’esplorazione curiosa della nostra parte autocritica. Attraverso un inedito esercizio esperienziale potremo tracciare i confini della nostra Autocritica – qui vista come una “parte esterna” a Noi stessi – e saremo guidati ad esplorare le sue verità nascoste…
3- Il Sé Compassionevole incontra il Sé Autocritico
La Terza ed ultima, saliente, parte della giornata sarà la slot più corposa del Training: attraverso coinvolgenti esercizi esperienziali e specifiche pratiche meditative saremo guidati in un’emozionante ed intima esperienza di “consapevole connessione tra le parti” grazie al potere trasformativo del Sé Compassionevole!
Sarebbe stato utile farlo in un fine settimana, impegnare una giornata infrasettimanale e difficile per il lavoro. Spero di poter partecipare in un prossimo incontro. Salvatore